il gesto del pugile è razionale e non brutale: si cerca di sottomettere l’avversario nel rispetto delle Regole, senza necessariamente metterlo fuori combattimento (K.O.), grazie all’espediente della vittoria ai punti. La perdita di etica, dovuta alla mancanza di legittima difesa, è superata dalla valutazione complessiva del pugilato come arte che si pratica per ottenere traguardi personali non diversamente raggiungibili: atletismo, creatività, resistenza, equilibrio psico-dinamico, abilità nella deterrenza. Per diventare veri atleti si deve praticare una forma di ascesi sportiva nello sforzo di perfezionarsi; a quel punto si avranno promosse unità e armonia personali, raffinando la mente e superando i primitivi limiti corporei. In presenza di un’autentica cultura sportiva che consenta di rimanere entro il confronto, senza cadere nello scontro. In sostanza va coltivato lo spirito dell’atleta. In sintesi, il rapporto “etica e pugilato” richiama almeno quattro principi morali insostituibili perché sia un atto umano accettabile: 1. il principio di responsabilità, 2. il principio di integrità della persona, 3. il principio del sano agonismo, 4. il principio del rispetto assoluto dell’altro, 5. il principio del superamento di sé. Questi principi valgono come guida per valutare positivamente un’attività sportiva qual è il pugilato in modo che sia degno, bello e giusto coronamento della persona.
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